Appartengo alla sfortunata generazione di professionisti trentenni che vivono in sospeso in attesa che qualcosa possa cambiare.
Siamo, infatti, vittime, sin dall’inizio delle nostre vite lavorative, di continui assalti da parte di gerontocrati, amministratori pubblici incapaci, illuminati giuslavoristi innamorati del termine flessibilità e imprenditori senza scrupoli.
Risultato di questi continui attacchi è quello di aver prodotto una generazione di depressi, con poche prospettive ed eternamente attaccati al cordone ombelicale genitoriale per poter sopravvivere.
Cosa ci fa accettare tutto cio? Cosa ci consente di restare lì, inermi, a vedere quattro vecchi spelacchiati ( nella migliore delle ipotesi ) o quattro analfabeti (in quella più concreta ) che decidono del nostro futuro e della nostra vita di relazione e che soprattutto ci privano della nostra felicità?
La paura di perdere la priorità acquisita!
L’invito a non riagganciare durante le estenuanti attese che sopportiamo ogni qual volta abbiamo la sfortuna di doverci interfacciare con un call center fa leva sulla più grande paura della nostra generazione.
La paura di perdere quel poco che ci si è conquistato ( e che ti hanno fatto credere essere più importante di quanto in realtà sia ) e la paura di essere scavalcati da chi, arrivato dopo il nostro abbandono, potrebbe beneficiare degli ipotetici risultati a noi riservati.
In realtà, se noi riagganciamo, anche al successivo chiamante sarà fatto il medesimo invito di attendere e se questi, più mordace di noi, avrà la pazienza di aspettare, nel 90% si troverà davanti ad un operatore che non è in grado di risolvere il suo problema, quindi: Che ha aspettato a fare?
Riportando il quesito al tema concreto, chi ce lo fa fare di aspettare che le cose cambino e che ci si aprano nuove prospettive?
Niente cambierà e difficilmente le prospettive si trasformeranno in qualcosa di concreto perchè finchè avremo paura di perdere la priorità acquisita saremo utilizzabili a piacimento da chi la priorità la detiene già e se la tiene ben stretta.
Il mio modesto suggerimento, ovviamente rivolto ai fortunati che possono permetterselo e non a quelli che, non per loro colpa ma per le più svariate motivazioni sono costretti a subire, è quello di sbattersene della salvaguardia della priorità acquisita.
Come? Molto semplice: Lavorando duramente per chi ci apprezza e ci gratifica equamente e imparando a dire no a quei tanti che provano a sfruttarci limitando la nostra possibilità di dedicarci ad attività più costruttive.
Francamente, piuttosto che lavorare per chi non mi paga o mi paga male ma mi propone grandi prospettive di crescita vado a farmi una passeggiata all’aria aperta: la vita è ora non domani.
Non ce la farò ad arrivare alla fine del mese? Pazienza! Ridurrò le mie necessità: vivrò senza auto, senza moto, senza televisore al plasma, senza iphone e ipad, non farò vacanze, non andrò a cena al ristorante, indosserò (lavandolo ovviamente) lo stesso paio di jeans per un anno ma, probabilmente, avrò il sorriso sulle labbra e sarò libero.
So che non c’è bisogno che a dirlo sia io ma mi piace ribadire, anche a me stesso, che le cose migliori della vita non costano e non sono contingentate, quindi, rispetto a loro, la priorità acquisita è come la forchetta per mangiare il brodo.
Il Misantropo