Oriente e occidente

In un tempo in cui l’Occidente elabora processi finalizzati alla standardizzazione e all’appiattimento dell’essere umano, tesi a renderlo un anello facilmente sostituibile della catena produttiva, in oriente, quello a noi più vicino, l’assenza di protocolli sociali di derivazione industriale sembra lasciare ancora spazio all’autodeterminazione degli individui.

In terre di sassi, polvere e povertà, gli uomini non temono di non essere in grado di pagare la rata del mutuo e sono disposti a mettere in gioco quel poco che hanno in difesa di un ideale, religioso, politico o di economia che sia.

Rispetto a quello mediorientale, pertanto, il modello sociale occidentale non è, a mio avviso, migliore perché la sua sopravvivenza è fondata sulle stesse basi su cui poggia il terrorismo: la paura di perdere qualcosa di importante; il tentativo, quindi, di classificare la situazione geopolitica mediorientale come una patologia rispetto al modello occidentale è, sempre a mio avviso, errato.

Il medio oriente non segue le regole dell’Occidente e, giustamente, non tollera intromissioni. Le dinamiche di paura che regolano l’agire occidentale non lo hanno mai riguardato e mai lo riguarderanno.

Sciiti e Sunniti continueranno a farsi la guerra perché la pensano in maniera diversa l’uno dall’altro sin dai tempi della morte di Maometto e non sarà questo o quell’ipocrita leader politico occidentale a fermarli: la guerra è orrenda ed ingiusta ma fa parte della natura umana e chi si intromette dall’esterno falsandone i naturali risultati, crea devastazioni ancora maggiori.

L’Occidente, quindi, si tenga le sue paure, i suoi iPhone, le sue Tesla, i suoi fondi monetari internazionali, i suoi palazzi di vetro e acciaio e le sue benzodiazepine e si tenga alla larga dall’autodeterminazione di popoli ancora pensanti.